Mille anni di storia by Rosario Villari

Mille anni di storia by Rosario Villari

autore:Rosario Villari [Villari, Rosario]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biblioteca Storica Laterza
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2018-04-13T04:00:00+00:00


3. La frattura tra liberali e democratici

Le rivoluzioni del 1830 furono l’ultimo episodio della collaborazione tra liberali e radicali e del collegamento della borghesia moderata con movimenti insurrezionali popolari. Dove i liberali conquistarono il potere, l’alleanza con le correnti radicali fu abbandonata o si trasformò addirittura in aperto contrasto. Nei paesi assolutistici, le differenze tra i metodi e gli obiettivi di lotta degli uni e degli altri si fecero sempre più nette, in quanto i radicali continuarono a puntare sulla rivoluzione mentre i liberali riposero la loro fiducia esclusivamente nella pressione dell’opinione pubblica sui governi e sui sovrani, nelle combinazioni diplomatiche e nell’appoggio degli Stati liberali. Dopo il 1830, un nuovo elemento si aggiunse al quadro delle forze politiche: con l’espansione del sistema capitalistico, si formò in seno al proletariato un autonomo movimento politico socialista, la cui presenza rese ancora più temibile per la borghesia la prospettiva rivoluzionaria e accentuò anche la sua ostilità alle riforme democratiche. «Ciò che prima era democrazia sarebbe oggi anarchia – scrisse nel 1838 un ministro liberale francese –; lo spirito democratico è ora e sarà sempre rivoluzionario».

In Inghilterra il contrasto tra liberali e radicali, che si erano battuti insieme per il Reform Act, esplose con particolare violenza sul problema della estensione dei diritti politici ai lavoratori. Mentre i radicali, in accordo con le organizzazioni operaie fondate da Owen e dai suoi seguaci, sostennero il movimento cartista, la resistenza del governo ad ogni richiesta di nuove riforme politiche fu tanto rigida da portare il paese alle soglie della guerra civile. L’obiettivo del ‘cartismo’ era la conquista del diritto di voto per tutti i cittadini e della possibilità per tutte le classi sociali di avere una rappresentanza parlamentare. Il movimento rivendicava il suffragio universale, l’eguaglianza delle circoscrizioni elettorali, l’abolizione del censo per l’eleggibilità, lo scrutinio segreto, la durata annuale delle legislature, l’indennità ai deputati. Gli operai, che aderirono in massa al movimento, raccolti nella Working men’s association, ritenevano che la conquista della libertà politica sarebbe stata la condizione per imporre al padronato le loro rivendicazioni sociali.

Una grande «convenzione delle classi lavoratrici», convocata nel febbraio del 1839, discusse sull’indirizzo da imprimere al movimento. In breve tempo 1.250.000 firme furono raccolte sotto la petizione che fu presentata ai Comuni. Ma i deputati la respinsero a stragrande maggioranza. Il movimento cartista fu disperso con la forza, con arresti e processi, con l’impiego delle truppe contro le dimostrazioni popolari. L’agitazione riprese ancora l’anno successivo, e continuò fino alla vigilia del 1848, senza però riuscire a superare il rifiuto della classe dirigente. Cacciato dal terreno della legalità, il cartismo non riuscì a trovare, attraverso le molte proposte e i dissensi dei suoi capi, la via per continuare efficacemente la sua battaglia.

L’azione riformatrice delle forze liberali si svolse invece su un altro piano, con l’impegno a far trionfare, nell’indirizzo di politica economica dello Stato, gli interessi dell’industria. Cardine di quest’impegno fu la lotta contro le corn laws che impedivano l’importazione di grano dall’estero quando il prezzo all’interno non raggiungeva gli 80 scellini per quarter (Kg.



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